Criptovalute e tasse, facciamo chiarezza

Dichiarazione dei redditi e criptovalute

Maggio è il periodo legato alla dichiarazione dei redditi con modelli unici, 730, F24 il problema è che molte persone detengono criptovalute, ICO di diversa tipologia e non hanno ancora compreso cosa sia necessario fare questo anche perché la legge Italiana non è chiara e non vi è ancora una apposita legge fiscale che norma le criptovalute. Esistono diversi interpelli verso l’Agenzia delle entrate e molte ipotesi più o meno fondate.

Questo articolo raccoglie un po' tutta la documentazione fruibile in rete sull’argomento criptovalute e dichiarazione dei rettiti, anche perché ad oggi molti commercialisti non sanno nemmeno cosa sia una criptovaluta.

Inquadratura fiscale delle criptovalute

Che inquadramento fiscale hanno le criptovalute oggi agli occhi del fisco?

Nonostante le criptovalute abbiano di fatto un valore economico, più o meno utilizzabile, ad oggi 08/05/2018 non hanno un inquadramento fiscale chiaro.

Possiamo dare due tipologie di inquadramento fiscale plausibili:

  1. Sono dei beni. Non si tratta di beni fisici, infatti le criptomonete sono algoritmi che fisicamente non esistono, ma sono dei codici crittografici ben identificabili all’interno degli wallet e degli exchange di criptovalute. Pe quanto definito nell’ordinamento giuridico Italiano non possono essere definiti beni immobili quindi seguendo la definizione fatta dalla BCE, Esma e EBA possiamo dire che sono dei digital asset ossia degli asset digitali ossia: “rappresentazioni digitali di valore non emesse da Banche Centrali o autorità nazionali, utilizzate come mezzo di scambio o scopo di investimento”.
  2. Valute Estere. Vi sono molte incongruenze nel definire le criptomonete come valute estere in quanto essendo molte di esse decentralizzate e quindi non facendo parte di una nazione ben definita o banca o azienda che le emette tutto rimane abbastanza incerto. Quindi non potendo sapere dove siano localizzate come è possibile associare una criptovaluta al quadro RW determinandone il luogo di provenienza?

Il punto due è quello più diffuso in rete, ma anche da fonti istituzionali tra cui la Direzione Regionale della Lombardia che negli ultimi giorni ha risposto ad un interpello.

Ma se le paragoniamo a valute estere gli wallet dovrebbero essere paragonati ai conti corrente mentre il tasso di cambio, ossia il rapporto tra la criptovaluta ed il suo corrispetivo in euro, dovrebbe essere quello relativo all’Exchange dove abbiamo acquisito le criptovalute.

Quindi plusvalenze e minusvalenze dovrebbero essere calcolate in funzione della differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita.

Scenario 1: Acquisto di criptomonete come investimento senza la vendita

I cosi detti cassettisti o cripto holder ossia ho acquistato delle criptovalute da un Exchange e non le ho rivendute, in questo caso a fini della dichiarazione dei redditi la domanda da porsi è:

“Ho acquistato a mezzo bonifico verso un exchange, il bonifico è avvenuto su un contro Italiano o su un conto estero?”

Se il bonifico è avvenuto su un contro Italiano dell’Exchange non è necessario dichiarare nulla, nel caso in cui sia stato fatto su un conto estero dell’exchange le cose si complicano un po', nel quadro RW dovremo indicare la nazione estera dove abbiamo fatto il bonifico indicando l’importo e la valuta.

Ma è necessario fare attenzione in quanto se abbiamo fatto il bonifico in un Exchange ma non abbiamo acquistato criptovalute ossia abbiamo ancora valute FIAT sono capitali esteri da dichiarare nel quadro RW, quindi omettendo questi dati si può incappare in una sanzione amministrativa cha va dal 3 al 15% dell’importo non dichiarato che può raddoppiare dal 6 al 30% nel caso in cui il bonifico sia stato fatto in paesi con regimi fiscali agevolati.

Scenario 2: Ho acquistato criptovalute e le ho rivendute con un profitto

Anche se sembrerebbe il contrario questo secondo scenario è apparentemente in parte più facile da gestire.

Se abbiamo acquistato delle criptovalute e le abbiamo rivendute e vi sono tutte le tracce, sul profitto ottenuto dovremo pagare una imposta sostitutiva del 26% e questa dovrà essere dichiarata nel quadro RT del modello unico per le persone fisiche

Ma attenzione, per rientrare in questo caso, la nostra giacenza media di criptovalute deve superare per almeno 7 giorni lavorativi consecutivi il corrispettivo in euro di 51.645,69€

Quello che non è chiaro e del quale non si trova informazioni è se ho 3 wallet diversi con 3 diverse criptomonete per esempio ogni wallet da 20.000€ vengono considerati come un unico conto oppure no ai fini fiscali?

Quale soluzione posso adottare per tutelarmi con le criptovalute?

La prima cosa da considerare è che se ho criptomonete e non le cambio in euro ma le utilizzo per l’acquisto di beni e servizi non sono soggette a tassazione, per ora, quindi non si deve dichiarare quanto criptomonete si posseggono ma bisogna dichiarare tutte le operazioni effettuate per ottenerle.

Come si evince da quanto scritto ad oggi mancano leggi e norme che diano chiarezza.

Una possibile soluzione per tutelarsi ed evitare eventuali rischi futuri è quella di preparare un interpello verso l’agenzia delle entrate di competenza che non ha valore generale ma personale al fine di avere un minimo di tutela in caso di controlli o multe. Infatti agendo secondo le direttive date dall’interpello potremmo dimostrare di aver agito in buona fede.

 

Risoluzione n. 72/E del 2016

Queste logiche sono frutto dell’interpretazione della Risoluzione Ministeriale n. 72 E del 02/09/2016. Con questa risoluzione l’Agenzia delle Entrate dichiarò in merito al bitcoin che:

  • Bitcoin è una moneta alternativa a quella tradizionale
  • l’acquisto e la cessione di Bitcoin in cambio di Euro sono da considerare operazione di cambio valuta, quindi non soggette ad IVA
  • le Società che operano con i Bitcoin possono ottenere guadagni o perdite dalle attività di cambio, e tali guadagni o perdite devono essere dichiarati in bilancio
  • in alternativa alla chiusura del bilancio si calcolano eventuali guadagni o perdite e si registrano
  • in caso invece di privati se manca la finalità speculativa non vengono rilevati redditi imponibili.

In questa risoluzione (che è la risposta all’Agenzia delle Entrate ad un interpello proprio di una società) non ci sono però riferimenti al caso in cui un privato svolga attività speculativa.

Visto che la risoluzione stessa di fatto tratta Bitcoin come una moneta, è possibile applicare le stesse normative ai privati che svolgono attività speculativa in ambito monetario. Tale normativa stabilisce che solo le attività dei privati cittadini che detengano per almeno 7 giorni consecutivi in un anno un ammontare in moneta per un controvalore pari o superiore a  51.645,69€ siano considerabili come attività speculative, generando pertanto redditi imponibili. In questo caso quindi le plusvalenze vanno rilevate e dichiarate. Tuttavia, i privati cittadini non “chiudono bilancio” a fine anno, quindi le plusvalenze possono essere rilevate solo in caso di vendita di Bitcoin.

L'Agenzia chiarisce, infine, che il possesso di bitcoin non genera alcun obbligo di versamento dell'imposta sul valore dei prodotti finanziari (Ivafe), in quanto il possesso di valuta virtuale non può essere assimilato a depositi e conti correnti di "natura bancaria".